Il ritorno di Casanova, di A. Schnitzler. La tragicommedia di sopravvivere a se stessi.




Quando scese al pianterreno ed entrò nella sala da pranzo rivestita di legno, intorno alla tavola apparecchiata con cura, oltre ai coniugi e alle loro tre figlie vide una graziosa fanciulla vestita con un semplice abito grigio dai riflessi tenui, che lo guardava con grande disinvoltura, come se Casanova fosse una persona di casa o un ospite venuto in visita già centinaia di volte. Che negli occhi della ragazza non ci fosse traccia di quel bagliore che in passato lo aveva salutato tante volte, anche quando entrava in scena da perfetto sconosciuto, nell'incantevole splendore della sua giovinezza o nella pericolosa bellezza della sua virilità, era una constatazione che già da tempo Casanova doveva accettare come un'esperienza ormai abituale. E tuttavia, ancora in tempi recenti, di solito bastava pronunciare il suo nome perché sulle labbra delle donne comparisse un'espressione di ammirazione tardiva o un leggero sussulto. [...] Ma quando Olivo lo presentò alla sua nipote come il signor Casanova, lei sorrise non diversamente da come avrebbe fatto se le avessero menzionato un qualsiasi nome insignificante. 

(Arthur Schnitzler, Il ritorno di Casanova) 



Difficile sopravvivere al mito di se stessi.

In questo racconto lungo dello scrittore austriaco Arthur Schnitzler, Casanova, il leggendario avventuriero del Settecento, il tombeur de femmes più celebre della storia, è un cinquantatreenne squattrinato che vive in una locanda lontano dall’amata patria Venezia da cui è dovuto fuggire anni prima perché inviso all’Inquisizione.

La sua vita spericolata e le sue mirabolanti avventure in giro per tutte le corti di Europa sono ormai un ricordo di cui Casanova va molto fiero, ma che ormai inizia ad appannarsi agli occhi dei più.

Eppure Casanova è un amante esperto e raffinato e il suo fascino continua a turbare il cuore di molte donne. Finché Casanova non incontra la bella Marcolina, nipote di Olivo, un suo vecchio amico che lo ospita nella sua ricca villa presso Mantova.

Marcolina, nel fiore della sua giovinezza, libera pensatrice appassionata di studi matematici, non vede in Casanova altro che un vecchio signore dallo sguardo fastidiosamente lascivo e, con grande dispetto di Casanova, non appare minimamente colpita dall’aura di leggenda di cui l’uomo gode (per le sue imprese amatorie e non) presso le signore non più giovani.

L’impossibilità di avere Marcolina rende Casanova pazzo di desiderio e lo spinge a escogitare uno stratagemma per riuscire a sedurla, con conseguenze del tutto impreviste.

Crudele ed elegante questo libro di Schnitzler che immagina e racconta una sua storia in aggiunta e a completamento di quelle che Giacomo Casanova ci ha narrato nei suoi numerosi scritti.

Ma a Schnitzler non interessa il mito di Casanova nello splendore della sua fama e della sua fortuna, ma l’uomo incerto di sé e dei suoi successi, in bilico fra la memoria di un passato oggetto di ammirazione (ma ormai passato) e un futuro di desideri ed ambizioni destinati alla frustrazione del non essere più all’altezza di se stessi.

Dominato da un vitalismo che somiglia tanto a una forma di esorcismo della vecchiaia e della morte, Casanova non arretra di fronte alla propria condizione di uomo non più giovane e si impone di dimostrare a se stesso, e a Marcolina, che egli può ancora essere il Casanova che è stato e di cui tutti favoleggiano.

L’avidità di vita e di amore divengono per Casanova solo un gioco spregiudicato ed egoistico che serve ad affermare se stesso e la propria presunta superiorità, in dispregio di ogni legge naturale e morale, di ogni forma di rispetto verso altri esseri umani che costituiscono, anzi, per lui solo delle pedine del suo gioco di vanità e narcisismo.

Cinico e malinconico, il Casanova di Schnitzler racconta la paura di invecchiare, la nostalgia per la bellezza della giovinezza in una narrazione attentissima a ogni moto dell’animo del protagonista, fino all’indagine dei suoi sogni.

Pubblicato nel 1918, Il ritorno di Casanova è anche l’amaro apologo del declino di un mondo che, come il protagonista, ha ormai il meglio di sé alle proprie spalle e si avvia a un lento declino. Si tratta dell’Austria, la felix Austria celebrata Stefan Zweig, allietata dalla musica di Strauss, uscita debole e frastornata dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, incredula e incapace di accettare la fine della propria gloria e del proprio potere.  

E, come dimostra la storia di Casanova, se andare incontro al proprio declino può essere triste, non saperlo accettare potrebbe risultare tragico, se non fosse in realtà nient’altro che profondamente comico.