nord; il dorso era invece pelato e roccioso e la sera il tramonto si accendeva di rosso. Sulla vetta, durante la peste, qualcuno aveva visto il diavolo sogghignare spaventosamente compiaciuto per le disgrazie subite dagli uomini: le zampe unghiute, la cresta dentata, la coda appuntita, gli occhi di brace e la lingua biforcuta. Le voci del Regno, delle sue leggi, dei suoi costumi e del suo malcostume giungevano al Pontaccio solo come un'eco lontana, si confondevano col fruscio del vento a marzo, col bramito dei cervi in ottobre, con i fischi delle marmotte e delle aquile a novembre.
Il Pontaccio è un romanzo corale e suggestivo, capace di intrecciare storie senza tempo con uno stile lirico e malinconico. Non c’è un protagonista definito, né vi sono nomi propri a scandire le vicende.
Il romanzo segue il ritorno di una donna al
minuscolo Pontaccio, uno sperduto paesino di montagna. Questo ritorno, che si
configura per lei come una sorta di ritorno alle origini, segna l’inizio di un
viaggio interiore il cui esito sarà salvare se stessa e un mondo nascosto che
rischia l’oblio.
La narrazione si sviluppa attraverso una serie di frammenti (69+1), piccole tessere di un mosaico che raccontano la vita di una comunità di montagna, sospesa tra mito e storia.
Un progetto letterario nato trent’anni fa, lasciato
decantare poi a lungo dall’autrice Milena Piccinelli (Laureata in Lettere
Moderne, al suo primo romanzo) e ripreso in un momento cruciale della sua vita,
quasi a voler restituire senso alla propria esperienza attraverso il gesto autentico
e creativo della scrittura.
Attraverso l'esplorazione dell'interiorità di personaggi iconici che popolano il mondo mitico del Pontaccio, il libro svela le loro emozioni profonde e le connessioni con il territorio del Pontaccio (dietro a quale, va detto, si cela il paesino di Pontasio a cui l’autrice è tornata, come la Tessitrice protagonista del racconto, dopo aver vissuto per qualche tempo altrove). Ma le storie del Pontaccio, tutte intrecciate in una trama stretta e ordinata, non parlano solo di un paesino di montagna: sono storie universali e ciascuna di loro porta con sé una dolorosa porzione di vita.
Il Pontaccio non è, infatti, solo un luogo fisico, ma anche uno
stato dell’anima: un simbolo dell’età delle illusioni, di un tempo in bilico
tra il sogno e la realtà.
La scrittura di Piccinelli è poetica, capace di evocare immagini vivide e
struggenti. Il lessico è scelto con cura, elegante, ma accessibile e accompagna
il lettore in un viaggio emozionante tra memoria e nostalgia.
Un’opera intrigante e originale nella sua struttura frammentaria e nei suoi toni
delicatissimi, tale da catturare l’essenza di un mondo lontano, ma eterno, in
cui tutti possiamo riconoscerci, in cui tutti, prima o poi, siamo stati.