A proposito di cancel culture. Il caso dei classici.



“Per molte persone lo studio dei classici non è altro che lo studio di un uomo bianco privilegiato dopo l’altro”

 

La cancel culture, che dilaga negli USA, inizia a fare capolino anche qui in Europa e in parecchi siamo curiosi/ansiosi di capire se l’idea di cancellare (proprio come se non fosse mai esistito) tutto il passato non in linea con l’attuale ideologia woke sarà ricevuta e applicata, anche nel Vecchio Continente e in Italia.

Il libro di Alice Borgna, professore associato di Lingua e Letteratura Latina presso l’Università del Piemonte Orientale, tenta di fare un po’ il punto di quanto sta accadendo al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico, rispetto alla disciplina dell’Antichistica (in parole povere, lo studio della lingua e letteratura latina e greca, della storia antica e di tutte le questioni connesse).

La scrittura della Borgna è briosa e ironica, ma il taglio dell’analisi riguarda però principalmente la situazione del dibattito accademico, più che delle conseguenze che questo fenomeno sta avendo sulla cultura.

Al di là di questa scelta di un’ottica assai specialistica, che dipende senza dubbio dal fatto che la Borgna è inserita all’interno dei meccanismi dell’accademia, il libro offre tante informazioni e tanti spunti di riflessione.

Che diverse università statunitensi stiano smantellando i dipartimenti di studi classici, credo che ormai sia risaputo. Meno noto (o, almeno, io l’ho appreso leggendo il libro) è che la contestazione dei Classics come disciplina parte non dall’esterno, ma dai suoi stessi studiosi. Il punto attorno a cui ruota il dibattitto è quello dell’inclusività degli studi classici, considerati da molti, orami, non tanto l’espressione di una cultura umanistica che ha qualcosa da dire a tutti, bensì quella di una cultura maschilista, patriarcale, suprematista bianca, la spina dorsale, insomma, che ha sorretto per secoli il feticcio della civiltà occidentale. 

Coerentemente con ciò, per garantire l’accesso agli studi di Antichistica a fasce più ampie e diverse della popolazione, per concedere a studiosi di altre etnie (che non siano quella bianco-caucasica), di farsi strada nell’accademia, occorre abolire lo studio delle lingue classiche, decisamente troppo elitario, come condizione imprescindibile per studiare il mondo antico. 

In alternativa, occorre approcciarsi al mondo antico, secondo un’ottica più ampia che consideri anche altre culture che non siano quella greca o romana (perché non quella ebraica o indiana, ad esempio?), scardinando così l’idea tradizionale di “classico” (termine, fra l’altro, contestato perché si propone implicitamente come modello di riferimento). Soprattutto, risalta da più parti l’idea di fare nuove domande ai classici che, si ritiene, possano fare dei Classics “un luogo di contestazione per le comunità che ne sono state denigrate in passato”.

Nel 1963 Marthin Luther King, in prigione a Birmigham per aver partecipato a una manifestazione sui diritti civili, rivendicava l’esempio di Socrate (proprio uno di quei maschi bianchi morti), scrivendo “in una certa misura oggi la libertà di pensiero è una realtà perché Socrate mise in pratica la disubbidienza civile”.

Ne è passato di tempo da allora e sono davvero cambiate tante cose.