F. Hayez, Ulisse alla corte di Alcinoo, 1814-15 |
Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all'isola che non c'è
Il sogno di una terra, cronologicamente o geograficamente lontana, dove l’umanità riesca a vivere una vita lontana dal dolore e dal male è un sogno antico quanto l’uomo. L'idea di collocare questo mondo su un’isola è solo un espediente immaginoso per pensare un luogo che è così distante dall’ordinario che nulla ha a che spartire con esso.
L'isola che non c'è cantata da Edoardo Bennato è un mondo dove ladri o guerre non trovano diritto di
esistenza, dove non vi è “niente odio né violenza, né soldati né armi”.
Nell'Odissea, la terra perfetta è l’isola
di Scheria, dove vive il popolo dei Feaci.
L'isola è dispersa in un punto non individuabile fra le onde del mare, Odisseo vi arriva casualmente come naufrago dopo aver trascorso lunghi giorni in preda alla tempesta e ne riparte a bordo di una nave dei Feaci, immerso in un sonno profondo. La terra è retta saggiamente dal re Alcinoo che governa un popolo
operoso. Le donne tessono tele bellissime ("… Atena concesse loro/di conoscere i lavori più belli e i pensieri
più nobili", VII, 110-111), gli uomini “sono più
esperti di tutti/nel guidare una nave veloce sul mare”(VII,108-109) e le loro navi sono
rapide “come ala o pensiero”. Gli dei amano i Feaci perché sono giusti e pii e,
per questo, vivono in mezzo a loro, in una sorta di età dell’oro.
Sempre i Numi ci appaiono nel loro sembiante
palesemente, quando offriamo insigni ecatombi,
e dove sediamo noi a mensa, siedono anch’essi.
E se un viandante, andando da solo, li incontra,
non si nascondono, poiché siamo a loro vicini,
come i Ciclopi, come le fiere tribù dei Giganti.
(VII, 201-206)
Là dove regnano concordia, operosità e giustizia la terra prospera, la natura offre frutti generosi, privazioni e fatica appaiono un ricordo lontano.
E un gran giardino è presso le porte, oltre il cortile,
di quattro iugeri; e tutto d’intorno vi corre un recinto;
e quivi alberi grandi verdeggiano in rigoglio:
e peri, e melograni, e meli dagli splendidi frutti,
di quattro iugeri; e tutto d’intorno vi corre un recinto;
e quivi alberi grandi verdeggiano in rigoglio:
e peri, e melograni, e meli dagli splendidi frutti,
fichi dolcissimi e piante rigogliose d'ulivo.
Mai da questi alberi il frutto marcisce o finisce,
d’inverno né d’estate; sempre dura; e
perenne
Zefiro spira, e alcuni frutti fa nascere, ed altri
matura:
sopra la pera invecchia la pera, la mela sulla mela,
e ogni altro frutto: sul grappolo il grappolo,
il fico sul fico.
Ed una vigna è qui piantata, coi grappoli fitti;
una parte, esposta al sole, appassisce al
sole,
su un terreno aperto; delle altre uve ne fanno vendemmia:
altre le stanno pigiando: davanti, grappoli verdi
gettano appena il fiore, mentre altri divengono
neri.
E belle aiuole crescono vicino all’estremo filare
ben disposte e brillano per tutto l'anno.
E sgorgano due fontane, l’una per tutto il
giardino
si spande, e l’altra corre attraverso il cortile sotto la soglia
sino all’eccelsa casa. Da questa acqua attinge
la gente.
Questi doni stupendi ad Alcinoo concessero i
Numi.
(VII, 112-132)
I Feaci sono un popolo
pacifico, “ai Feaci non importano arco e faretra” (VI, 270). Essi amano le arti e il bello.
La loro vita è arricchita da tutto ciò che la rende piacevole: “la mensa, la
cetra, le danze, vestiti diversi, caldi lavacri ed il letto” (VIII, 249). Le loro città
sono ben costruite, splendide a vedersi, ornate con ricchezza e con gusto. Quando viene gettato dalla
furia degli elementi sulla spiaggia dell’isola, Odisseo è nudo, stremato,
sporco di salsedine, bisognoso di cibo, di ristoro, di tutto. Dai Feaci viene
accolto con rispetto e umanità perché nella terra ideale gli uomini sono
ospitali e “nella mente temono gli dei” (VI,121).
Un aspetto particolare
colpisce di questo mondo perfetto: Alcinoo non governa da solo, ma in profonda
concordia con la moglie Arete, donna di eccezionale virtù e per questo amata e ammirata da tutto il popolo.
…Alcinoo la fece sua sposa,
e l’onorò come nessuna donna riscuote onore sulla terra
di quante governano la casa, devote a uno sposo.
Così le fanno onore,
seguendo l’impulso del cuore,
i suoi diletti figli, Alcinoo stesso, e le genti
che a lei volgono lo sguardo, così come a una dea,
e quando ella passa, la salutano con grida:
perché lei non manca di nobile saggezza,
e delle donne e degli uomini che ama, le liti
compone.
(VII, 66-74)
Quando, sulla riva del mare,
Odisseo aveva incontrato Nausicaa, la giovane figlia di Alcinoo, che si era recata alla foce del
fiume a lavare i panni, la ragazza aveva consigliato al naufrago di recarsi alla reggia
e, una volta giunto, di mettersi appunto sotto la protezione di Arete, donna compassionevole,
le cui opinioni sono molto considerate dallo sposo. E lo stesso consiglio aveva fornito all’eroe anche Atena, comparsa a Odisseo sotto le spoglie di una
giovinetta:
Se ella sarà ben disposta
nell’animo verso di te,
allora hai speranza di
vedere i tuoi cari e tornare
nella casa dall’alto
soffitto e nella terra dei padri.
(VII, 75-77)
Pace, armonia, prosperità,
bellezza, tutto ciò è possibile sono nell'isola che non c'è.
Chi non vorrebbe vivere nella terra dei Feaci o non vorrebbe vivere come loro?
Chi non vorrebbe vivere nella terra dei Feaci o non vorrebbe vivere come loro?
Ma Scheria è un luogo che è in nessun luogo, un'utopia al di fuori dal mondo. Nausicaa stessa lo spiega al naufrago Odisseo:
Abitiamo in disparte, nel
mare ondoso
Ai confini del mondo, nessun
mortale arriva tra noi
(VI, 204-205)
I Feaci sanno bene quanto l'equilibrio perfetto da loro creato sia fragile e per questo temono tutto ciò che, arrivando dall'esterno, lo possa mutare, come dice Atena ad Odisseo:
Gli stranieri non li tollerano molto costoro
e non accolgono con amicizia chi viene da un altro paese.
(VII, 32-33)
e non accolgono con amicizia chi viene da un altro paese.
(VII, 32-33)
Il beato mondo di Scheria, dunque, si
schiude a Odisseo per un breve momento, il tempo di consentire all’eroe di
raccontare ai Feaci che lo ascoltano assorti le meravigliose e tremende peripezie
dei suoi viaggi, per poi richiudersi per sempre. I marinai accompagnano l’ospite
sulla loro nave fino a Itaca. Qui lo depositano,
addormentato, sulla spiaggia della sua terra natale, ponendogli accanto ricchi
doni ospitali. Non esiste la via di ritorno verso il mondo perfetto.
La realtà è Itaca "chiara nel sole", "irta di sassi, ma brava nutrice di giovani" (IX,27) . A Itaca la vita costa fatica, in assenza di Odisseo dilaga la prepotenza dei Proci che rubano i suoi beni, insidiano sua moglie e minacciano la vita del figlio. Eppure per tornarvi Odisseo ha rinunciato all'immortalità che Calipso gli ha offerto, all'amore della dea, a quello di Nausicaa, a Scheria .
... non so vedere
altra cosa più dolce, per uno, della sua terra
(IX, 27-28)
afferma Odisseo.
La realtà è anche dolore, fatica, sofferenza, ma è il luogo dell'uomo.